giovedì 21 agosto 2008

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Federalismo fiscale
e questione meridionale
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La globalizzazione capitalistica, mentre accentra sempre più i poteri politici ,economici ed istituzionali, alimenta in maniera parossistica sentimenti nazionalistici, etnici, razziali per dividere i popoli al loro interno e impedire ai lavoratori il raggiungimento di un’unità politica e programmatica che è il requisito fondamentale ed indispensabile per la difesa dei legittimi interessi di classe. Negli ultimi 10 anni il divario economico-sociale tra Nord e Sud Italia si è andato aggravando accentuando le differenze e i ritardi esistenti da sempre.
Il reddito-medio dei cittadini del Centro-nord è 17.400 Euro l’anno.
Il reddito medio dei cittadini del Sud è di 11.932 Euro l’anno.
Negli ultimi 10 anni il reddito medio del Centro-Nord è aumentato del +3,8 %,
al Sud invece il reddito-medio è diminuito del -6,5%.
Sono le cifre di una catastrofe storica, lo stato italiano ha risolto la questione meridionale in un modo molto semplice: ignorandola!
Il federalismo fiscale che si vorrebbe introdurre adesso non farebbe che accentuare queste differenze provocando nel Sud una catastrofe economica-sociale senza precedenti. Col federalismo fiscale aumenterebbero gli egoismi localistici, verrebbe meno la solidarietà tra i lavoratori, si introdurrebbero le gabbie salariali, con l’abolizione , poi, del CCNL si consegnerebbero i lavoratori completamente indifesi nelle mani dei loro sfruttatori, si consegnerebbero intere regioni al dominio totale e incontrastato di poteri criminali quali mafia, camorra, ndrangheta.
Il federalismo fiscale è un’esigenza della borghesia, che restringendo le aree produttive e abbandonando a sé stesse intere aree dell’Italia vuol salvaguardare i suoi profitti in un periodo di grave crisi economica. La sete di profitti della borghesia non conosce limiti, nell’ultimo quarto di secolo la quota del Pil italiano che è passato dai salari ai profitti è aumentato in maniera spaventosa.
Pil Italia 1983: 77% ai salari 23% ai profitti
Pil Italia 2005: 69% ai salari 31% ai profitti
Questo spostamento di ricchezza significa che un singolo lavoratore perde ogni anno 5.200 Euro di salario.
Questo massacro dei lavoratori in generale e del Sud in particolare verrebbero aggravati dal federalismo fiscale.
L’interesse dei lavoratori è quello di unire lavoratori del Sud e quelli del Nord, lavoratori italiani e quelli immigrati, disoccupati e pensionati, lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori precari. Solo da questa unità politica può nascere il programma di un’alternativa ad un sistema capitalistico alla deriva, che può offrire agli strati più deboli della società solo un futuro di fame, indigenza, incertezza, guerra e povertà.
I lavoratori devono elaborare un programma di politica-economica che abbia come priorità la questione del lavoro e non la questione del profitto.

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domenica 3 agosto 2008

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Costruiamo il partito comunista rivoluzionario
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La crisi economica devastante che dilania il sistema capitalistico dominato dalla borghesia finanziaria e il possibile collasso del sistema che sembra avvicinarsi sempre di più impongono a tutti coloro che si sentono comunisti il dovere della costruzione del partito comunista rivoluzionario. Il futuro prossimo non sembra avere alternative, o prevarranno le istanze di classe dei lavoratori o ci sarà un esito repressivo della crisi dagli aspetti inimmaginabili e imprevedibili. Gli interessi di classe dei lavoratori hanno bisogno di uno strumento politico forte, determinato, incorruttibile, gli strumenti sindacali e movimentisti, anche radicali , non hanno alcuna possibilità di arginare l’attacco che il capitale sta scatenando contro i lavoratori. Costruire il partito comunista presuppone il superamento dell’esperienza storica di Rifondazione Comunista. Il clawnesco gruppo dirigente bertinottiano ha portato al massacro la sinistra di classe partecipando in modo scellerato e capitolardo all’ultimo governo Prodi. Hanno assecondato la borghesia in tutti i suoi progetti di stabilizzazione, si sono accodati alla guerra imperialista in Afghanistan, hanno votato finanziarie da massacro sociale, hanno svenduto pensioni, salari e milioni di lavoratori in lotta scesi nelle piazze. Alle elezioni si sono presentati senza la bandiera rossa, la falce e martello, l’insegna comunista, sotto l’arlecchinesco simbolo dell’arcobaleno, sono stati giustamente abbandonati dai lavoratori, Rifondazione Comunista è morta, non ha più alcuna credibilità politica e rappresentatività, ciò che rimane di questo partito è solo un residuo di piccoli posti e carrierucole istituzionali che tentano disperatamente di difendere rialzando, in modo ridicolo, la bandiera rossa e la lotta di classe. Il Partito Comunista da costruire non può basarsi sulle anticaglie e residui burocratici del passato, ma deve costruirsi sui lavoratori, i movimenti di lotta, l’antagonismo sociale, le avanguardie rivoluzionarie, non deve inseguire e perseguire rappresentanze istituzionali o alleanze con i partiti della borghesia( PDL o PD), un partito che abbia come obiettivi fondamentali l’abolizione della proprietà privata, del liberismo, la lotta all’imperialismo, l’abolizione del concordato, la redistribuzione della ricchezza, uno sviluppo compatibile con le esigenze ambientali.